Archaeology Magazine Archive

A publication of the Archaeological Institute of America

Special Introductory Offer!
online features
Giacomo Medici's Reply "Geneva Seizure"
May 3, 1998

Spett.le ARCHEOLOGY
All'attenzione del sig. Andrew SLAYMAN

Gentilissimo Signore,
sono stato messo al corrente, da alcuni amici, di un articolo comparso sulla rivista Archeology. Questo articolo è riportato integralmente su Internet.

La voglio ringraziare. Questo articolo mi da la possibilità per la prima volta, dopo circa 3 anni, di difendermi da accuse completamente infondate.

Nessuno, di coloro che mi accusano, mi ha dato la possibilità di difendermi. Il 13 settembre del 1995 ho subito una perquisizione al porto franco di Ginevra. Non posso tacere che essa è stata violenta e selvaggia!!

Ho il diritto di reclamare che sono state violate, in questa fase, quelle norme che garantiscono il regolare procedimento di una perquisizione. Infatti le operazioni si sono svolte senza alcuna presenza di un rappresentante della società, ne del sottoscritto. Non si è fatto nessun INVENTARIO ne degli oggetti, ne dei documenti comprovanti la lecita provenienza degli oggetti. Non essendo stati "TROVATI" questi documenti si è proceduto a fotografare gli stessi. Questo ALBUM fotografico doveva "SOSTITUIRE" l'inventario. Ma le foto non rappresentano la "TOTALITÀ" degli oggetti che si trovevano nell'interno dei locali! Cosa significa questo fatto? Perchè una parte degli oggetti non sono stati fotografati? Ho il diritto, oggi, di sapere se questi oggetti si trovano all'interno dei locali?

Quando affermo che non mi è stata data la possibilità di difendermi, voglio anche significare che la mia presenza o quella di un avvocato che rappresentasse la società avrebbe evitato di affermare che durante la perquisizione nessun documento comprovante la lecita provenienza degli oggetti era stato trovato! Questi documenti c'erano e non posso essere accusato, oggi, di nessuna manipolazione se la polizia non li ha visti e non li ha trovati.

Non è necessario, a questo punto, che mi prolunghi ancora. I documenti in mio possesso che avrebbero dimostrato la lecita provenienza di tutti gli oggetti non sono stati trovati: ciò ha totalmente stravolto l'impianto processuale.

Non voglio incolpare nessuno, non spetta a me accertare se si sono rispettati tutti i diritti di un cittadino "indagato", voglio solo portare a conoscenza dell'opinione pubblica che i fatti che si sono svolti al porto franco di Ginevra non sono quelli che sono stati riportati sui giornali e televisioni di tutto il mondo!

Non esiste il "mostro" che avrebbe esportato illegalmente 10.000 pezzi; non esiste la "caverna di Alibaba", non è vero come afferma Peter Watson, che la Sotheby's di Londra si sarebbe prestata consapevolmente alla vendita di oggetti di illecita provenienza italiana.

È vero il contrario! La Sotheby's sapeva, perchè visionati in precedenza, che tutti gli oggetti provenivano, in modo lecito da vecchie collezioni svizzere ed Europee.

Oggi, dopo circa 3 anni, compaiono su Internet 68 foto scattate all'interno dei locali del porto franco che riproducono gli oggetti sottosequestri. Come si può giustificare una simile azione?

Siamo ancora in una fase ISTRUTTORIA perchè si trasmettono su Internet documenti riservati e coperti da segreto istruttorio? È regolare tutto ciò?

Dall'esame delle fotografie si evince facilmente che molti oggetti non sono di origine italica, si può scientificamente dimostrare che gran parte di questi oggetti non possono essere stati rinvenuti in siti archeologici italiani! Perchè allora si continua a dire di provenienza italiana ed a reclamarli? Tanti oggetti recano ancora le etichette attestanti la loro provenienza, perchè gli archeologhi non evidenziano questo fatto importantissimo? Io ho comprato gli oggetti dalle stesse fonti dove comprano i più importanti musei del mondo e collezionisti privati. Gli oggetti ancora sequestrati al porto franco di Ginevra provengono da fonti LECITE da collezioni importanti e sono stati pagati un prezzo equo. Non sono stati ricettati. Tante persone possono testimoniare di avermi visto nelle maggiori case d'asta del mondo, mentre a prezzi concorrenziali compravo gli oggetti ora sequestrati al porto franco di Ginevra.

Si vuole impressionare l'opinione pubblica annunciando il sequestro di 10.000 pezzi. Ciò non è vero! Come si può arrivare a questo numero se non è stato mai fatto un inventario? Si dichiara il valore di 35 milioni di dollari; chi mai comprerebbe questi oggetti solo alla metà?

A parte un numero di forse 200/300 pezzi, nessuno in America tra Musei e collezionisti privati sarebbe disposto a comprare la maggior parte degli oggetti sequestrati al porto franco di Ginevra, soprattutto oggi che mi si è fatta tutta questa campagna diffamatoria. Per non parlare poi della mia salute. Spero che un giorno, non troppo lontano, tutto sia chiarito e che mi venga riconosciuto e ridato ciò che oggi mi viene tolto.

La prego, qualora questa mia lettera venga accolta, di volerla pubblicare INTEGRALMENTE.

Sono a completa disposizione per chiarire qualsiasi punto non ancora compreso.

Sicuro che una simile vicenda, come la mia, mai e poi mai si sarebbe potuta verificare in America, riservandomi ogni azione risarcitoria nei confronti di tutti coloro che si siano resi autori di violazione di legge, nessuno escluso, colgo l'occasione per porgere i miei più sentiti ringraziamenti.

Con ossequio
[signed Giacomo Medici]

-----
© 1998 by the Archaeological Institute of America
archive.archaeology.org/online/features/geneva/medici.html

Advertisement


Advertisement